Oggi è il nostro ultimo giorno di jobshadowing in Finlandia e, come si suol dire, finisco in bellezza: mi attende infatti una mattinata alla scuola secondaria densissima di appuntamenti… musicali.
Alle 8 l'insegnante Emmi mi aspetta nell'aula di musica della scuola. È troppo riduttivo chiamarla così, sarebbe più appropriato definirla "sala prove" per la quantità di strumenti e attrezzature musicali che vi sono contenuti: due pianoforti verticali e uno elettrico, diverse tastiere, più di 20 chitarre - alcune delle quali per sinistrorsi -, percussioni etniche di ottima qualità, tutto l'occorrente per una vera e propria band rock, compresi amplificatori, casse, microfoni, cavi e una ragguardevole consolle per la regolazione dei volumi; oltre naturalmente alla dotazione standard di ogni aula o laboratorio della scuola, sia della secondaria che della primaria: Lim, schermo di proiezione a scomparsa, lettore di documenti luminoso, computer. C'è veramente da rimanere a bocca spalancata!
Nei pochi minuti prima dell'inizio della lezione Emmi mi presenta la classe, il 7° grado della sezione musicale di potenziamento, formata da ragazzi che hanno iniziato a studiare musica già dal 1° grado (normalmente iniziano dal 3°) e che in Conservatorio o all'interno della scuola stessa si dedicano ad uno specifico strumento; con i loro colleghi più grandi formano l'orchestra della scuola che si esibisce in particolari occasioni. Questa mattina assisterò ad una normale lezione del loro percorso di studi, non a una sessione di prove.
Si inizia con un'attività di riscaldamento su un brano di musica etnica africana ed esercizi di body percussion seduti in cerchio. Segue la lettura cantata di un brano a più voci della tradizione popolare africana accompagnato al pianoforte dall'insegnante e da alcune percussioni su un ritmo suggerito ed eseguito per imitazione. Mi viene chiesto di svolgere una breve attività musicale con i ragazzi e ripropongo il canone "Un ciodo de fero vecio" che realizziamo con facilità anche aiutati dall'insegnante e dalla possibilità di leggere lo spartito e il testo sulla lavagna luminosa.
La seconda parte della lezione di 90 minuti è finalizzata a preparare alcune parti della colonna sonora del film di animazione "Il re leone" che verranno eseguite nel prossimo concerto.
I ragazzi non suonano i loro strumenti principali, ma si misurano con quelli disponibili nell'aula. Le chitarre sono utilizzate per le esercitazioni musicali omogenee (pressappoco come noi utilizziamo il flauto), in quanto ne hanno a disposizione una per ciascuno, poi quando segue il momento dedicato alla band i ragazzi si alternano alle tastiere, batteria, basso, chitarra e voce. Non è un'esecuzione impeccabile, ma è notevole la determinazione con cui ciascuno cerca di perfezionare il proprio risultato (noto un ragazzo che di soppiatto estrae il cellulare per fotografare le pagine dello spartito consegnato dall'insegnante e che dovrà essere restituito al termine della lezione e una ragazza che ripete ossessivamente un certo ritmo allo jambee dopo essere stata corretta dall'insegnante).
Nel successivo doppio modulo orario il quadro si capovolge: la classe del 9° grado (circa 16 anni), è composta da adolescenti immigrati prevalentemente maschi, che hanno ancora difficoltà con la lingua locale e mostrano scarso interesse alla musica. Finalmente una situazione non troppo distante da quelle di casa nostra: auricolari nelle orecchie anche quando l'insegnante inizia a spiegare, rumori indotti per disturbare gli ascolti tratti dal repertorio classico che vengono brevemente proposti, grandi sbadigli e poca attenzione. Emmi è determinata a proseguire la sua lezione e resta impassibile alle provocazioni.
Anche con questi ragazzi il momento della band per realizzare l'accompagnamento di un brano finlandese in stile rap rappresenta l'asso nella manica. Emmi ci prova, nonostante non leggano la musica e non ne conoscano i simboli. Risultato finale discutibile come prevedibile, ma ottimo insegnamento per me e soddisfazione degli studenti. Al termine della lezione mi si avvicina timidamente una ragazza che mi aveva colpito per qualità di attenzione e abilità nella pratica musicale: vuol farmi sapere che nel suo Paese, l'Estonia, ha studiato pianoforte per 2 anni. È sorridente e rispettosa; intuisco un po' di rammarico nelle sue parole e la incoraggio a continuare perché, le dico, ho notato che è brava e capace; se ne va contenta, ringraziandomi.
Ultimo sforzo della mattinata e dell'intera esperienza finlandese: sono ospite in un'altra classe del 9° grado per una lezione di inglese. La deliziosa insegnante Johanna ci tiene molto alla mia presenza e mi chiede di imbastire una breve intervento su alcune semplici parole in italiano; sono sola, le mie colleghe sono rimaste alla scuola primaria, e devo cavarmela col mio inglese stentato. Dedicheremo tutta la lezione a questo scambio, fra saluti e numeri nelle due lingue (come mi è venuto in mente di proporre un gioco linguistico sui numeri italiano-finnico? Sono infinitamente più bravi di me….) e risposte alle loro curiosità su ciò che dell'Italia arriva sino a queste latitudini (quali ingredienti prevede la "vera" pizza? Si può condire con ananas e salame? Com'è il clima d'estate da noi? Come giudico il nostro sistema scolastico? Esiste un sentimento di orgoglio civico, simile a quello delle squadre di calcio? Cosa posso dire della Ferrari e di Ronaldo?). Alcune delle loro domande mi spiazzano ma cerco comunque di trovare una risposta appropriata e veritiera. Appagante ma faticosissimo!
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